Cop27: la strada è una transizione “giusta”
Dopo il primo giorno dedicato agli interventi istituzionali e alla presentazione della Conferenza stessa, i 120 Capi di Stato, il mondo della scienza e dell’attivismo hanno cominciato a confrontarsi sulle tematiche principali in ambito climatico.
Il 7 e l’8 novembre il programma della Cop ha avuto al centro delle discussioni il tema della “transizione giusta”.
“Nessuno deve esser lasciato indietro”, è questo lo slogan che ha aperto la giornata, sottolineando come la transizione di cui il Pianeta ha bisogno deve essere globale ed equa, con l’obiettivo di mettere le popolazioni più povere e le comunità indigene in grado di avere gli strumenti per adattarsi alle necessità ecologiche e ai cambiamenti climatici.
Un esempio dell’iniquità che i relatori della Conferenza rilevano in questa “transizione” è l’Africa stessa; un continente che contribuisce alle emissioni globali solo per il 7%, ma che a livello climatico sta patendo le conseguenze più gravi come siccità, condizioni climatiche estreme e scarsità di risorse idriche adeguate.
Il concetto di una “transizione giusta” investe anche e soprattutto il settore economico. Nella giornata dell’8 novembre sono intervenuti, rappresentati dalla FAO (Food and Agriculture Organization dell’ONU), milioni di piccoli produttori agricoli e familiari che hanno lanciato un monito sulla fragilità e iniquità del sistema di produzione alimentare globale, sottolineando come le piccole attività non siano in grado di adattarsi all’aumento dei prezzi e di effettuare una transizione ecologica dei loro processi produttivi.
Sul tema è intervenuta Elizabeth Nsimadala, presidente della Eastern Africa Farmers Federation, che ha dichiarato:”È necessario un massiccio impulso ai finanziamenti per il clima per garantire che i produttori su piccola scala dispongano delle informazioni, delle risorse e della formazione necessarie per continuare a nutrire il mondo per le generazioni a venire”. “Ogni anno infatti sono circa 611 i miliardi investiti nel settore alimentare industriale, responsabile di circa il 30% delle emissioni globali, questo ha portato la piccola-media imprenditoria agricola ad un punto di rottura”, conclude Nsimadala.
A contribuire alla grave crisi alimentare globale, che vede quasi 1 miliardo di persone non in grado di avere un accesso costante al cibo, ci sono le condizioni climatiche estreme che stanno minando in tutto il mondo le capacità produttive agricole. La siccità dilagante sta facendo crollare le possibilità di approvvigionamento alimentare minime per sostenere il settore produttivo e le popolazioni.
Un esempio lampante a noi vicino è stata la secca del Po di quest’estate che ha costretto molti produttori locali a chiudere l’attività e molti altri hanno visto la produzione dei campi ridotta di 2/3. La siccità è una problematica strettamente correlata con il tema della carenza di fonti idriche.
L’Organizzazione mondiale metereologica (Omm) ha lanciato un allarme l’8 novembre sulla futura scarsità idrica globale. Lo scioglimento dei ghiacciai, principale fonte idrica europea, l’innalzamento delle temperature, lo squilibrio climatico e l’incremento demografico porteranno in assenza di correttivi immediati ad un difficoltà di approvvigionamento idrico globale senza precedenti.