Deep Sea Mining. L’estrazione mineraria si sposta negli oceani.
Il deep sea mining consiste nell’estrazione e nel recupero di depositi minerari dai fondali oceanici, che ricoprono circa il 65% della superficie terrestre, dove oltre i 200 metri di profondità si trovano noduli polimetallici ricchi di cobalto, nichel e altri materiali e sorgenti idrotermali ricche di minerali disciolti.
La transizione ecologica e il progressivo abbandono dei combustibili fossili hanno portato negli ultimi anni ad una crescente domanda di materie prime critiche (critical raw materials) come oro, argento, rame, cobalto, nichel, manganese, litio e zinco, necessari per la realizzazione di dispositivi legati alle energie rinnovabili (circuiti elettronici, batterie elettriche, pannelli solari).
La ricerca e l’estrazione di terre rare, metalli e altri materiali critici si sta spostando dal suolo agli abissi marini e alle risorse geologiche dei fondali oceanici, con potenziali effetti negativi su biodiversità marina, habitat incontaminati e fragili ecosistemi.
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