“Fit for 55”, UE approva 5 pacchetti su 8
Si alla riduzione delle emissioni, No al mercato dei crediti del carbonio!
L’8 giugno il parlamento europeo ha votato le modifiche apportate dalle commissioni al Piano “Fit for 55”.
Sul tavolo erano presenti importanti pacchetti di intervento tra cui il phase out dai combustibili nel settore del trasporto privato e pubblico, le politiche di assorbimento di CO2 e il mercato dei crediti del carbonio.
Le forze politiche europee si sono scontrate su diversi argomenti, non trovando accordo e rimandando quindi alle commissioni il documento sul mercato dei titoli del carbonio. Insieme ad esso da rivedere saranno anche i provvedimenti sulla tassa sul carbonio alla frontiera e il fondo sociale per il clima.
“La tassa sul carbonio alla frontiera” è uno strumento per attribuire un prezzo al carbonio, chiamato “carbon pricing”. Ne esistono due tipi: uno è appunto la carbon tax e l’altro, più diffuso, è quello dei sistemi ETS “Emission Trading Scheme”, il quale consiste nello scambio delle quote di carbonio. La differenza è che l’ETS regola le emissioni prodotte all’interno di un certo territorio, mentre la tassa sul carbonio alla frontiera si applica alle importazioni di prodotti dall’estero. È questo, infatti, il caso dell’Unione Europea.
Uno dei modi migliori per affrontare il cambiamento climatico è che i governi facciano ciò che i mercati non possono fare: mettere un prezzo ai gas serra. Un “sistema cap-and-trade” in cui le aziende devono acquistare permessi per le emissioni e decidere in base ai prezzi cosa produrre. Quando i governi hanno optato per questa soluzione si sono ritrovati ad affrontare un nuovo problema: in assenza di un prezzo globale del carbonio, le aziende affrontano la concorrenza degli esportatori che possono produrre ad un costo inferiore. Questo rende una tassa alla frontiera del carbonio una necessità.
La tassa sul carbonio alla frontiera, ufficialmente denominata Carbon Border Adjustment Mechanism, (CBAM, Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera), serve in primis ad evitare il fenomeno del carbon leakage e quindi la fuga delle industrie europee e delle loro emissioni di gas serra all’estero. Pertanto, il CBAM è importante per evitare l’eventuale delocalizzazione dei processi produttivi mettendo una tassa sulle importazioni di merci prodotte con standard climatici più bassi di quelli europei.
Il “Fondo sociale per il clima” invece rappresenta uno strumento per contrastare la povertà energetica e di strumenti per la transizione ecologica di molte realtà come famiglie in stato di povertà o piccole aziende.
Esito positivo hanno invece avuto i Piani di intervento relativi alla riduzione delle emissioni di CO2 e gas serra.
Entro il 2035 il Parlamento UE ha approvato il phase out dai veicoli a combustione. Il testo prevede che per quella data tutte le nuove auto e i nuovi veicoli commerciali leggeri venduti debbano essere a emissioni zero. Entro il 2030, le prime devono scendere al 55% e i secondi al 50% come obiettivi intermedi.
I trasporti sono una delle principali fonti di emissioni in Europa, con le auto che pesano da sole per il 12% del totale. Il settore dei trasporti, nel complesso, consuma anche il 65% del petrolio usato in Europa, quasi tutto importato.
Il parlamento UE, infine, ha dato l’ok a un provvedimento che mira a rafforzare l’assorbimento della CO2 nei pozzi di carbonio nel settore dell’uso del suolo, dei cambiamenti di uso del suolo e forestale. L’obiettivo UE per l’assorbimento netto di gas serra nel settore LULUCF ( Land use, land use change and forestry) per il 2030 dovrebbe essere di almeno 310 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, propone il testo accogliendo quanto avanzato dalla Commissione. Viene poi inserito un meccanismo di salvaguardia per i paesi che nel 2026-2030 non dovessero riuscire a raggiungere i target a causa di eventi come gli incendi boschivi.
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