Plasticoltura. C’è più plastica nel suolo che nel mare.
Il termine plasticoltura indica l’utilizzo delle materie plastiche in agricoltura: teli delle serre, sacchi per fertilizzanti, pellicole per pacciamatura, conciatura di semi, tessuti non tessuti, tubature d’irrigazione, teli antigrandine, fili per legare piante, contenitori alveolari per talee, flaconi, reti per avvolgere le balle di fieno, cassette per la raccolta della frutta, bunker per il ricovero di mezzi e fieno, targhette identificative per gli animali.
Nelle filiere agricole sono oltre 12,5 milioni le tonnellate di plastica utilizzate ogni anno nel mondo, secondo il Rapporto della FAO “Assessment of agricultural plastics and their sustainability: A call for action”. I maggiori utilizzatori sono rappresentati dai diversi segmenti della produzione agricola e dell’allevamento, con 10,2 milioni di tonnellate all’anno complessive. Seguono pesca e acquacoltura con 2,1 milioni di tonnellate e silvicoltura con 200mila tonnellate.
Alcuni studiosi stimano che nei suoli agricoli siano presenti più microplastiche che negli oceani, evidenziando come l’utilizzo e l’impatto delle plastiche a uso agricolo sia ampiamente sottovalutato. Questi materiali – abbandonati volontariamente, per imperizia o inettitudine – contaminano il suolo, lo rendono meno fertile e più povero di biodiversità, provocano conseguenze sulla qualità del cibo che viene prodotto e mettono a rischio la sicurezza alimentare.